la rabbia: un’emozione scomoda ma necessaria

Scritto dalla Dott.ssa Ruena Ventimiglia, Psicologa Psicoterapeuta

Fra tutte le emozioni, la rabbia è forse quella più discussa tra genitori, educatori e insegnanti e anche quella per cui sono più spesso organizzati incontri, approfondimenti e strategie ad hoc per gestirla o insegnare a farlo. Sembra essere quella su cui più apertamente ci interroghiamo e siamo disposti ad adottare nuovi punti di vista. È forse per il suo carattere più emergenziale e talvolta imbarazzante capace di trasformare un qualunque momento di condivisione in un girone dantesco,  o forse per la rapidità con cui si presenta, l’intensità travolgente che spesso lascia in chi la vive in prima persona o nello spettatore un senso di impotenza e stupore. È certamente l’emozione che più di altre rappresenta l’anticamera di agiti impulsivi come urla o gesti violenti tali da far venire immediatamente il desiderio di tornare indietro nel tempo per mantenere maggiore controllo.

La rabbia, come ben sappiamo non è prerogativa dell’età infantile, attraversa tutte le età. È sopravvissuta a millenni di evoluzione perchè non rappresenta qualcosa di cui ci dobbiamo liberare o cercare di  allontanare dal vissuto di bambini e adulti. Ha una funzione specifica, ci segnala situazioni di ingiustizia, torti, abusi, prepotenze, prevaricazioni di vari livelli. Sarebbe un gran guaio se non ci sentissimo arrabbiati di fronte a situazioni di questo genere. La sua funzione è permetterci di riconoscere tali disagi per prendere altre decisioni o strade. Il problema quindi non è sentirsi arrabbiati, ma essere travolti a tal punto da livelli elevati di rabbia da vivere lunghi stati di malessere o disturbi di vario genere che vanno a compromettere il benessere globale della persona. Per questo diventa importante, fin da piccoli allenarci a riconoscere gli stati emotivi, accoglierli e prendercene cura. Si tratta di una vera e propria ginnastica operata dal sistema nervoso.

Durante l’infanzia è piuttosto facile osservare le espressioni tipiche della rabbia – pianto, calci, urla, morsi – sono fenomeni del tutto normali in questa fase e rappresentano tappe di crescita fondamentali dei nostri figli. Anzi, possiamo persino affermare che la rabbia sia in realtà un segnale positivo: indica che il bambino sta crescendo e attraverso i suoi no, le sue opposizioni, sta in realtà costruendo i primi rudimentali mattoncini che costituiranno la sua identità. La rabbia è proprio l’esito del conflitto che il piccolo sta attraversando per iniziare ad affermare la sua volontà e per imparare a capire cosa vuole, sebbene questo non gli sia sempre chiaro.   

Molto spesso infatti vediamo i bambini di pochi anni invasi da intense ondate di rabbia per motivazioni irrilevanti ai nostri occhi e fare una gran fatica a ripristinare lo stato di calma e accettare alternative o compromessi proposti dagli adulti.

Il motivo di tali reazioni è che gli il sistema nervoso è in corso di sviluppo e se è vero che le aree deputate alle reazioni di difesa che generano rabbia e paura, ossia le zone limbiche,  sono in funzione già alla nascita, le aree invece destinate alla loro consapevolezza e modulazione sono invece all’inizio della loro costruzione e termineranno questa complessa e ricca maturazione intorno ai 25 anni. Il risultato finale pertanto non è frutto dell’accensione di un pulsante on/off che decreterà ad un certo punto il suo funzionamento completo ma è un lento processo in cui confluiscono tutte le esperienze, gli stimoli e i modelli in cui si troveranno immersi i bambini. È una lenta ginnastica che “addestra” nel tempo il sistema nervoso a modulare le proprie reazioni di fronte ai vari gradi di frustrazione.

Non c’è quindi da allarmarsi di fronte alle sfuriate dei nostri figli, anche se a volte sono talmente forti da lasciarci impotenti e disorientati…

Cosa fare quindi?

Noi adulti possiamo ricordare che le loro capacità regolative sono ancora rudimentali e pertanto può essere più efficace da parte nostra un atteggiamento comprensivo e di apertura piuttosto che avviare infiniti e sfinenti bracci di ferro. Attenzione…per atteggiamento comprensivo non si intende lasciare libero il bambino di “autodisciplinarsi” in nome di una un’immaturità del sistema nervoso…tutt’altro.  Si tratta di avvicinarsi alla crisi di rabbia dei  bambini avendo in mente un primo ma fondamentale scopo:  calmarne l’intensità. Solo dopo che il bambino ha smesso di urlare e di piangere, di dimenarsi e da segnali di maggiore controllo per esempio vi guarda negli occhi, si lascia abbracciare e parla più lentamente allora potete iniziare a spiegare lui le ragioni di un vostro divieto, spiegarne le conseguenze o eventuali provvedimenti che andranno comunque messi in atto laddove lo riteniate necessario.

Ecco alcuni consigli pratici per accogliere la rabbia dei nostri bambini:

·       Coccole, abbracci e carezze

Un modo efficace per gestire i momenti di rabbia sono le coccole, gli abbracci, le carezze, i sorrisi e le parole gentili: gesti amorevoli e utili, poiché fanno alzare i livelli di ossitocina. Infatti, quando nell’organismo i livelli di ossitocina sono elevati si riscontrano bassi livelli di scontro e di violenza; questo ormone contrasta lo stress e caratterizza gli stati di piacere e appagamento.

Alcuni bambini riescono a calmarsi grazie a un abbraccio, che è insieme contenimento e contatto, e permette di placare l’agitazione procurata dall’accesso di rabbia. Il gesto affettuoso può essere accompagnato da parole dolci, con voce rassicurante e tranquillizzante. Ma attenzione: l’abbraccio funziona solo se l’adulto è calmo e il bambino non è in preda a una crisi di panico. In questi casi può essere utile, solo avvicinarsi al bambino, stare con lui nella stanza, anche in silenzio mostrando così presenza e disponibilità rispettosa.

·       Aspettate…

La perdita o la rottura di un giocattolo sono tra gli episodi che più comunemente generano un senso di frustrazione nel bambino, con il conseguente scoppio improvviso di ira. Se anche voi avete assistito a questa scena, saprete benissimo che tentare di calmare il bambino mentre è in preda alla furia è del tutto inutile. Peggio ancora è minacciare punizioni: non farete altro che agitarlo ulteriormente.

Di fronte a uno scoppio di collera, quindi, non chiedete al bambino di calmarsi: in quel momento non è in grado di farlo e comunque, probabilmente, lo farebbe infuriare ancora di più. Può essere più utile esprimersi in modo empatico “Deve essere bruttissimo per te perdere questo gioco. Ci tenevi molto!”

·       Se urla e scalcia

Punire un bambino arrabbiato non fa altro che innalzare i livelli di noradrenalina (sostanza legata allo stress), rendendolo ancora più incline a urlare, battere i piedi, lanciare incautamente oggetti, ecc. Quando un bambino è molto arrabbiato tipicamente si sfoga fisicamente. Questa manifestazione motoria della rabbia è forse l’aspetto più difficile da gestire e il più imbarazzante se si è in luogo pubblico.

Ma il bambino che va in escandescenza non va represso: quando prova rabbia deve scaricarla e istintivamente lo fa con il corpo. Se possibile va condotto in luogo più privato, come la propria casa, dove può essere aiutato a sfogare la tensione in modo sicuro e non dannoso per sé e per gli altri, per esempio, incoraggiandolo a saltare velocemente sul posto contando, fare una corsa in cortile, lanciare per terra un cuscino o rifilare un colpo al materasso.

·       Se morde

Per i bambini piccoli, mordere è un gesto naturale, del resto la bocca è un mezzo per conoscere il mondo. Ma crescendo, i morsi diventano manifestazioni legate alla frustrazione: mordono quando si arrabbiano, perché ancora non riescono a esprimersi attraverso il linguaggio verbale. Quando cominciano a parlare, i morsi dovrebbero diradarsi fino a scomparire.

Infatti, se nei primi 18 mesi circa il bambino non può rendersi conto delle conseguenze dei morsi, verso i 2 anni e sicuramente a 3 è in grado di comprendere che mordendo fa male. Tuttavia, se continua a utilizzare i morsi invece delle parole, bisogna capire come mai lo fa e in ogni caso ribadire fermamente che non si morde. Ed è necessario ripeterlo ogni volta che si ripresenta l’occasione, senza illudersi che detto una volta il divieto basti per sempre.

·       Non etichettate i bambini come rabbiosi e irascibili

Quando si verificano episodi di rabbia, non bisogna etichettare i propri figli come rabbiosi e irascibili, ma cercare di capire lo stato d’animo che si annida sotto quel comportamento. È più efficace parlare dell’azione o del comportamento  piuttosto che della persona, e sostituire espressioni, talvolta offensive “sei terribile, un indemoniato, insopportabile, cattivo” con “oggi hai fatto delle cose molto sbagliate, hai vissuto dei momenti difficilissimi ecc”.

·       Non rispondete alla sua rabbia con le urla

È importante evitare di rispondere ai comportamenti negativi dettati dalla rabbia con urla, punizioni, minacce e svalutazioni: finiscono col rinforzare la rabbia e innescano nel bambino meccanismi che amplificano una percezione negativa di sé.

·       Non lasciate solo un bambino arrabbiato

Quando un bambino è molto arrabbiato, è importante stargli accanto. La presenza del genitore gli comunica che lo rispetta e comprende il suo stato d'animo, accettando anche quell’emozione così poco piacevole. Capita però che alcuni bambini non vogliano che la mamma o il papà rimangano con loro durante una sfuriata. E questa scelta va rispettata. Quando poi le acque si sono calmate, si può cercare capire come mai abbiano chiesto di restare soli.

·       Passata la sfuriata, parlatene

Passata la furia, per favorire nei bambini le capacità di ascolto di sé e delle proprie emozioni, parlate di quello che è successo e di cosa ha innescato questa reazione: la rabbia insomma deve diventare oggetto di dialogo. Affinché infatti i bambini imparino a regolare i propri stati d’animo e le relative manifestazioni, devono capire che l’espressione della rabbia è legittima, che come tutte le altre emozioni non deve essere inibita, ma ascoltata e gestita.

·       Leggere insieme libri sulle emozioni

Lo scopo degli albi illustrati con storie i cui protagonisti vivono le difficoltà e le possibilità di gestire i diversi stati emotivi ha il preciso obiettivo di lavorare proprio su quella ginnastica mentale introdotta all’inizio di questo articolo. Rappresenta un modo leggero, a portata di bambino, per riflettere e parlare delle emozioni dei protagonisti della storia. Il bambino può facilmente identificarsi con i personaggi e iniziare a farsi domande sulle proprie emozioni. Leggere queste storie insieme ai propri genitori inoltre apre un canale prezioso di comunicazione tra loro che possono  cogliere l’occasione per parlare dei loro rispettivi vissuti presenti o passati. Ai bambini piace molto sentire aneddoti ed esperienze dell’infanzia dei propri genitori e rappresenta per loro un significativo momento di condivisione e intimità. Il genitore ha così la possibilità di  inviare un messaggio fondamentale al proprio figlio: “Con me puoi parlare delle tue emozioni, io ci sono e sono aperto all’ascolto e all’aiuto”.

Indietro
Indietro

come ESSERE GUIDE EMOTIVE EFFICACI per i nostri bambini

Avanti
Avanti

il momento giusto per avvicinare il bambino alla lettura